Il legame tra arte e guarigione e il concetto di arte come strumento per la cura, già presenti nelle popolazioni primitive nella figura dello sciamano, sono stati rivalutati nel corso dell’ultimo secolo, e questo ha portato alla nascita delle Arti-terapie, o terapie espressive. Si tratta di interventi che hanno lo scopo principale di facilitare l’espressione delle emozioni attraverso un linguaggio non verbale e con proposte trasformative ed evolutive.
La musicoterapia è una disciplina dalle origini molto antiche, che consiste nell’utilizzo dell’elemento sonoro-musicale (produzione o ascolto) a scopo di prevenzione, riabilitazione e terapia.
Da una revisione della letteratura risulta che musicoterapia e arteterapia sono in grado di incidere positivamente sulle seguenti variabili: ansia, depressione, qualità di vita, dolore, risorse di coping, facilitazione ed espressione di sentimenti ed emozioni, modificazioni dei rapporti interpersonali, percezione e immagine corporea. Attraverso la musica è possibile accendere le emozioni e riallacciare il filo di una storia che in alcuni casi può essere persa o interrotta, stimolando la persona a raccontare e raccontarsi e attivando momenti di socializzazione.
Ad oggi, i presupposti scientifici della musicoterapia provengono essenzialmente da studi di fisiologia e da studi di tipo neurologico. I primi hanno mostrato che esiste una correlazione tra ascolto musicale, emozioni suscitate e modificazioni neurovegetative. Gli studi di tipo neurologico hanno invece accertato che la stimolazione sonoro/musicale rappresenta per il nostro cervello un messaggio molto complesso e probabilmente percepito grazie al lavoro congiunto di entrambi gli emisferi, e dunque che la musica è in grado di attivare globalmente l’encefalo. Queste evidenze rappresentano un aspetto fondamentale nella formulazione e nella valutazione di ogni intervento musicoterapico: è indubbio infatti che le potenzialità terapeutiche del linguaggio musicale non siano indipendenti dalle reazioni che la musica provoca a livello somatico e cerebrale. Durante l’esperienza musicaterapica il sistema nervoso si attiva e determina effetti il rilascio delle endorfine (riducono la percezione del dolore), di serotonina (determina il miglioramento dell’umore), di dopamina (migliora l’attività motoria), la produzione di immunoglobina A (potenzia le difese immunitarie) e la vitalizzazione del sistema neurovegetativo.
L’ascolto e la pratica musicale hanno diversi effetti sulle principali funzioni corporee di rilievo nella vita di ogni giorno.
E’ Indubbia l’influenza della musica sulla situazione percettiva generale. La musicalità in generale, sia essa volta all’ascolto o alla pratica musicale, coinvolge molte funzioni neurologiche, i sensi speciali e le funzioni intellettuali ed emozionali. Tre sono le entità che hanno a che fare con ogni evento musicale: compositore, esecutore, pubblico. Ognuna di queste componenti risente inevitabilmente delle modificazioni della propria situazione percettiva generale dovute all’evento musicale.
Tanto per cominciare, ogni evento musicale produce in chi lo ascolta l’attivazione del sistema uditivo.
Non va sottovalutato poi il collegamento esistente tra sistema uditivo e sistema visivo: si può percepire e apprezzare maggiormente e in modo più completo un’opera se si assiste alla sua esecuzione, perché la vista di un’orchestra o di un solista arricchisce l’esperienza uditiva. Seguire i movimenti di chi fa musica può migliorare l’apprezzamento del tempo e del ritmo, rafforzando la percezione uditiva.
Fondamentale inoltre l’influenza della percezione musicale sul sistema sensomotorio: l’esperienza musicale è infatti incompleta senza un’attivazione sensomotoria dovuta al ritmo della musica, in grado di provocare movimenti ritmici del corpo in gran parte inconsci e che possono essere consciamente inibiti. In particolare, chi ascolta musica dal vivo partecipa alle attività motorie dell’esecutore e presenta delle risposte motorie nel corso dell’audizione. La vista di gesti o altri movimenti, siano essi i gesti del direttore d’orchestra o i movimenti dell’esecutore, può rafforzare la percezione uditiva, e in questo modo produrre nell’ascoltatore modificazioni dovute anche alla dinamica dell’esecuzione. Anche se ovviamente non si assisterà a una manifesta attività motoria degli ascoltatori durante l’esecuzione di un concerto pubblico, è comunque inevitabile che questi avvertiranno una sensazione di movimento, una successione di aggiustamenti posturali: si può pensare ad esempio a riflessi che si generano automaticamente quali dondolarsi o battere un piede. Se si considera il corpo umano suddiviso nei tre poli superiore, mediano e inferiore, si può osservare che la parte superiore (testa e braccia) si mette generalmente in movimento con il disegno melodico, quella mediana (tronco e plesso solare) con il timbro e l’atmosfera sonora globale del brano, mentre quella inferiore con proposte musicali che privilegiano il ritmo. La percezione del ritmo dipende da attività sottocorticali, e il suo pieno apprezzamento richiede l’integrità del sistema motorio di almeno un lato del corpo. Durante compiti di percezione musicale focalizzati sugli aspetti ritmici dei brani, infatti, si è notata l’attivazione del sistema di controllo motorio e dell’immaginazione motoria, aree premotorie frontali destre, oltre che dell’emisfero sinistro del cervelletto. Importante poi l’implicazione della corteccia parietale destra e dei gangli basali, responsabili della percezione dello scorrimento del tempo. E’ indubbio dunque che la musica abbia importanti connessioni con il sistema motorio e che possa influire sul movimento in senso facilitatorio e con modalità riflesse, cioè al di fuori dell’attività volontaria.
Capitolo consistente in letteratura è quello riguardante le reazioni vegetative provocate dall’ascolto musicale. In generale, la musica altera la frequenza del polso e la morfologia della pressione arteriosa, l’attività contrattile di molti muscoli, la resistenza elettrica della cute e la morfologia dello pneumogramma, indice dell’emotività della persona. Dunque, in termini di reazioni vegetative, la percezione musicale esercita i suoi effetti principalmente su:
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Sistema cardiovascolare. La risposta alla musica causa infatti un aumento della frequenza cardiaca, che può essere espressione tanto di gradevolezza e soddisfazione, quanto di sensazioni opposte.
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Respirazione. Non indifferenti sono le variazioni che la musica può produrre sulla frequenza e sulla profondità del respiro, oltre che sul rapporto tra inspirazione ed espirazione. Alcuni soggetti mostrano una sincronizzazione del ritmo respiratorio in risposta a brani con cospicue accelerazioni o decelerazioni.
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Riflesso psicogalvanico (RPG). Si tratta di un indicatore molto sensibile, che si misura attraverso variazioni della conducibilità della pelle. Risposte intense possono essere anche qui prodotte da sensazioni tanto di piacere, quanto di dispiacere.
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Attività motoria. Essa può essere valutata attraverso elettroemiogramma durante l’ascolto musicale. Spesso si possono osservare aumenti dell’attività muscolare durante l’ascolto della musica o addirittura anche prima dell’inizio della musica stessa.
È importante ricordare che l’esecuzione attiva della musica determina reazioni vegetative più marcate e soprattutto più difficilmente sopprimibili di quelle evocate dal semplice ascolto. In ogni caso, tutte le risposte vegetative dipendono anche da fattori relativi alla reattività individuale (età, sesso, stile di vita, predisposizione, etc.), alla reattività emozionale (maggiore il coinvolgimento emotivo, più marcate le risposte vegetative), all’atteggiamento del soggetto verso la musica (se la musica ha un significato importante nella sua vita sarà più facile osservare reazioni vegetative a vari livelli), e al genere di musica presentato. Spesso l’assunzione di tranquillanti, anche in misura minima, provoca una soppressione quasi completa delle risposte vegetative.
Fondamentale nell’esperienza musicale è inoltre l’attivazione della memoria, che ha un ruolo di rilievo in tutti gli aspetti della musica. Il piacere dell’ascolto, infatti, è anche condizionato dal ricordo di passaggi melodici e armonici di un brano. Per i musicisti un buon funzionamento dei processi mnemonici è fondamentale; la capacità di apprendimento rapido e di memorizzazione propria di molti compositori è effettivamente superiore alla media. La musica e scava un percorso nel sistema nervoso a un livello molto profondo, così da resistere più a lungo di ogni altro ricordo.
Oltre alla memoria, altre funzioni cognitive sono interessate dall’ascolto e dalla produzione musicale: ci riferiamo ad esempio all’attenzione, al confronto e alla programmazione. H. Gardner parla di una specifica intelligenza musicale, che coinvolge tutte queste funzioni cognitive e costituisce una competenza innata distinta e non dipendente da altri generi di intelligenza come ad esempio l’intelligenza verbale.
Diversi autori hanno documentato la capacità della musica di evocare risposte psicologiche quali ad esempio la riduzione dell’agitazione e dell’ansia. Oltre a ciò, è stata studiata la capacità della musica di produrre cambiamenti nel tono dell’umore, e quella di facilitare la comunicazione tra soggetti.
Da non dimenticare inoltre la connessione del sistema uditivo con quello limbico, che spiega in buona parte la risposta emozionale che la percezione musicale è in grado di provocare.
Anne Blood e Robert J. Zavorre hanno dimostrato come lo stimolo sonoro musicale possa attivare il talamo, la corteccia frontale e l’amigdala, che rispondono alle sollecitazioni emotive della voce umana. Questi ricercatori, oltre a usare la PET, hanno analizzato i chill, cioè i brividi provocati dall’ascolto di un brano musicale, e hanno misurato frequenza cardiaca, respirazione e attività muscolare. Spesso le risposte che riflettono la partecipazione emotiva all’ascolto di un brano musicale si accompagnano a risposte dovute allo sforzo fisico: ad esempio, durante l’atto del dirigere un’orchestra è proprio quando si giunge ai passaggi evocanti la maggior risposta emozionale che si registra anche il più rilevante aumento della frequenza cardiaca. Interessante a questo proposito è l’esperimento che è stato fatto registrando telemetricamente la frequenza cardiaca di Herbert von Karajan durante la direzione dell’ouverture N. 3 Leonora di Beethoven. L’incremento maggiore fu riscontrato proprio durante i passaggi che avevano per il direttore una forte valenza emozionale, come lui stesso confermò in seguito. Lo stesso aumento della frequenza cardiaca venne osservato successivamente facendo ascoltare al direttore la registrazione della sua esecuzione. Ecco che la risposta emotiva prodotta dall’esperienza musicale si traduce in una modulazione del sistema neurovegetativo con variazioni della pressione arteriosa, della frequenza cardiaca, del ritmo respiratorio, del riflesso psicogalvanico.
Da notare che la percezione acustica è l’ultima a essere perduta nell’approfondirsi del sonno. Modifica l’elettroencefalogramma non solo di chi dorme, ma anche di chi è in coma, e questo probabilmente ne dimostra la pregnanza emotiva.
Oltre a tutto ciò, la musica è in grado di porsi come nuovo e prezioso canale espressivo alternativo a quello verbale, che in certi casi è non accessibile o troppo doloroso per l’espressione di alcune emozioni. La musica può fungere da terzo nella relazione e permettere un’alfabetizzazione emotiva altrimenti più complessa e favorire uno scambio emotivo intenso all’interno di un gruppo.